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Sagre e sapori

Le castagne, non solo base per il castagnaccio

In Toscana hanno un ruolo ben oltre il dolce tradizionale

Scopri la loro importanza economica, ambientale e gastronomica, i castagneti che proteggono il territorio, la farina di castagne e le antiche pratiche nei boschi.

In Toscana autunno è sinonimo di bosco, profumo di caldarroste, fogliame che scricchiola sotto i piedi e di castagne che cadono nei ricci. Ma se pensi che le castagne siano solo ingredienti per un dolce o per qualche passeggiata nei boschi, ti invitiamo a guardare oltre: quelle stesse castagne raccontano una storia fatta di economia, paesaggio, protezione del suolo e trasformazione. 

La castanicoltura in Toscana: numeri e valore economico

La coltivazione del castagno da frutto in Toscana occupa un ruolo rilevante. Come segnala un recente articolo di InToscana, la regione è la seconda in Italia per importanza dei castagneti da frutto, con circa il 18% delle aziende e il 20% delle superfici nazionali dedicate al castagno.
Inoltre, le istituzioni regionali hanno sottoscritto accordi con i comuni montani per valorizzare la filiera: legno, frutto, farina, turismo rurale.

In termini pratici, la Toscana ha circa 177.000 ettari di castagni sul territorio, di cui circa 33.000 ettari destinati a castagneti da frutto. Quando si pensa “le castagne”, va pensata anche la trasformazione: farine, marroni, conserve, dolci… e tutto questo rappresenta una risorsa economica per le aree collinari e montane, dove altre colture spesso sono difficili.

Negli ultimi anni, ad esempio, la raccolta 2025 ha registrato un +40% grazie a condizioni favorevoli nelle aree del Mugello, Lunigiana, montagna pistoiese.

In sintesi: le castagne sono una risorsa economica importantissima per la Toscana, ma è essenziale valorizzare la filiera – dalla coltivazione alla trasformazione – per renderla sostenibile.

Castagneti e tutela del territorio

Quando percorri una strada di montagna, vedi castagneti ordinati che si estendono sul pendio: ogni albero ha radici che trattengono la terra, foglie che proteggono il suolo dalla pioggia battente, ricci che cadono sul suolo. I castagneti svolgono un ruolo ambientale cruciale.

In Toscana, i terreni montani e collinari sono spesso soggetti a dissesti, frane, erosione. Il castagno, con la sua struttura arborea e la capacità di convivere con pendenze e clima difficili, è stato da sempre un alleato. Interventi recenti della Regione hanno promosso il recupero di castagneti abbandonati proprio con finalità di difesa del suolo. 

La presenza di castagni nei boschi montani rende inoltre il paesaggio caratteristico: cambia colore in autunno, offre rifugio a fauna, contribuisce a reti ecologiche. In un certo senso, dire “le castagne” significa anche dire “i castagneti”, “la montagna viva”, “il paesaggio che resiste”. In ambienti fragili come l’Appennino o il Monte Amiata, è stata per secoli la sua coltura a permettere la sussistenza, la conservazione del suolo e la continuità delle comunità rurali. 

Farina di castagne

Le castagne fresche sono magnifiche, ma una grande parte della tradizione toscana riguarda la trasformazione in farina di castagne; ed è qui che entra in gioco la versatilità del frutto e la ricchezza culturale della lavorazione.

Un esempio significativo è la farina di castagne del Pratomagno, che ha una lavorazione tradizionale (essiccazione in metati, macina in pietra) e che ha rappresentato per secoli un alimento base nelle comunità dell’area. Analogamente, la farina di castagne della Val di Bisenzio (provincia di Prato) è ancora prodotta seguendo metodologie antiche e coltivando varietà locali.  Grazie a queste farine, la tradizione toscana ha creato piatti poveri ma ricchi di memoria: i necci (frittelle o crepes di farina di castagne), la polenta dolce, la pappa di farina di castagne

Le castagne nella cucina toscana: oltre il castagnaccio

Quando si pensa alle castagne in Toscana, il primo pensiero è spesso il castagnaccio. Ed è vero: questo dolce povero di farina di castagne, acqua, pinoli, uvetta e olio d’oliva è una delle preparazioni più iconiche.
Ma “le castagne” raccontano molto di più. Ecco alcune declinazioni:

  • Caldarroste: semplici, perfette, il profumo autunnale per eccellenza.
  • Necci: crepes di farina di castagne farcite con ricotta o miele, tipiche della Garfagnana.
  • Frittelle di farina di castagne: snack rustico e genuino.
  • Farina di castagne in pane e pasta: alcune aziende sperimentano impasti misti dedicati al pane o alla pasta, per dare uno “stamp” della montagna anche nei formati quotidiani.
  • Prodotti dolciari e artigianali: marron glacé, creme, marmellate, sughetti di castagna. Il frutto si presta ad essere protagonista anche di dessert sofisticati.

 

Insomma: “le castagne” sono protagoniste in cucina non solo come ingrediente unico, ma come parte di una cultura alimentare che unisce semplicità, territorio e creatività; sono una testimonianza di resistenza, creatività e attaccamento al paesaggiQuando sbucci una castagna, quando la metti nel fuoco, quando assaggi un neccio o una frittella di farina di castagne,
stai toccando un pezzo di storia. Una storia che parla di montagna, di castagneti, di boschi che non cedono e di comunità che non mollano.

 

Photo credits: Cia Toscana